Siamo una famiglia! Un mito che danneggia il team?
Tra le varie fasi da seguire in qualità di società di ricerca del personale, spesso ci troviamo a consigliare le aziende sul modo migliore per attrarre e trattenere i migliori talenti.
Negli ultimi anni, molte aziende hanno iniziato a cerare nuove strategie di employer branding per attrarre e motivare i propri dipendenti. Altre hanno provato a venire in contro alle esigenze aziendali promuovendo culture alternative, come quella legata a questo concetto apparentemente rassicurante: "Qui siamo una famiglia". All'inizio, l'idea di sentirsi parte di una grande famiglia sul lavoro può sembrare allettante, soprattutto in un mondo dove la ricerca di stabilità e connessione umana è fondamentale. Tuttavia, una delle domande frequenti è se dietro a questo tipo di comunicazione si nascondono potenziali rischi. Definire il lavoro come una famiglia può generare aspettative malsane e creare dinamiche relazionali pericolose, che, a lungo andare, potrebbero avere effetti indesiderati tanto per i dipendenti quanto per l'azienda stessa, come tassi maggiori di turnover e difficoltà nel trattenere i candidati più adatti.
Come (non) attrarre i migliori talenti: il caso di Marta.
Prendiamo come case study la storia di Marta, una dipendente di un'azienda tecnologica in forte crescita. Allo scopo di attrarre i migliori talenti nel settore tecnologico ed avere un vantaggio competitivo i manager promuovevano un clima di "famiglia", sin dalle prime fasi del processo di selezione. Quando Marta ha accettato l'offerta di lavoro, si è subito sentita attratta dall'ambiente accogliente e dai valori dell'azienda. Tuttavia, con il passare del tempo, Marta ha iniziato a notare che le aspettative su di lei andavano oltre i suoi compiti lavorativi. Le veniva chiesto di fare straordinari senza preavviso, partecipare a eventi fuori dall'orario di lavoro e accettare carichi emotivi e responsabilità non professionali. "In una famiglia si fa così", le ripetevano.
Questo tipo di approccio ha portato Marta a vivere un forte stress, perché la sua vita privata e professionale si sovrapponevano senza soluzione di continuità. Si sentiva in dovere di dare di più, di essere sempre disponibile, fino a quando ha deciso di lasciare l’azienda. "Non volevo deludere nessuno, ma alla fine ho capito che non era il tipo di ambiente lavorativo che desideravo", racconta. Questo tipo di dinamiche non solo ha causato il suo burnout, ma ha influito negativamente anche sulla sua produttività e soddisfazione sul lavoro.
Conseguenze negative della cultura "siamo una famiglia"
Secondo alcune ricerche la cultura famigliare può portare a dei benefici, creando un ambiente positivo e motivante in cui si genera un forte attaccamento emotivo nei confronti dell'organizzazione. Tuttavia, nel lungo periodo, questi stessi effetti posso diventare controproducenti.
Un'azienda dovrebbe fare attenzione a non confondere i confini tra il lavoro e le relazioni familiari. Mentre le famiglie sono legate da affetto, vincoli emotivi e relazioni incondizionate, il luogo di lavoro richiede invece professionalità, competenze e obiettivi concreti. Quando si promuove una cultura aziendale che enfatizza il concetto di famiglia, si rischia di innescare la dissonanza cognitiva, una condizione psicologica che si verifica quando c'è una discrepanza tra le aspettative e la realtà.
Secondo lo psicologo Leon Festinger, la dissonanza cognitiva può portare a disagio, stress e insoddisfazione, poiché le persone cercano di conciliare idee contrastanti. Se un'azienda promuove un clima familiare ma agisce con le regole del mondo professionale (come licenziamenti, promozioni basate su performance, o contratti a tempo determinato), i dipendenti potrebbero provare frustrazione e confusione. Questa incoerenza tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto può portare a una maggiore rotazione del personale, a un clima di sfiducia e a un calo di motivazione.
Promuovere il concetto di azienda come "famiglia" può sembrare un modo efficace per creare un senso di appartenenza e coesione, ma spesso porta a una serie di conseguenze negative che impattano sia i dipendenti che l'organizzazione. Ecco maggiori informazioni su alcuni degli effetti più comuni:
Burnout e sfruttamento emozionale
Una delle conseguenze più gravi di questa mentalità è il burnout, una sindrome legata a stress cronico sul lavoro che può manifestarsi con sintomi fisici ed emotivi debilitanti.
Il burnout non è causato solamente da job description insostenibili ma anche da aspetti culturali più sottili.
Quando un'azienda si definisce una "famiglia", spesso i dipendenti si sentono obbligati a sacrificare il loro tempo libero, le loro energie e la loro salute mentale per il bene dell'azienda. La pressione a fare "quel qualcosa in più" diventa la norma, come se ci fosse un debito morale nei confronti del gruppo. Questo può portare a uno stato di esaurimento emotivo, fisico e mentale, con conseguente calo di produttività e di benessere generale. Il rischio di sfruttamento emozionale è alto, poiché i dipendenti potrebbero essere indotti a mettere da parte i propri bisogni personali per il "bene della famiglia". A lungo andare il burnout di personale qualificato porta inevitabilmente a un calo drastico nella produttività e ad un più difficile raggiungimento degli obiettivi di business, nonché a problemi più gravi legati al benessere dei lavoratori.
Calo della produttività e creatività
Quando un’azienda si aspetta che i suoi dipendenti si comportino come membri di una famiglia, si rischia di soffocare l’individualità e la creatività. I dipendenti possono sentirsi costantemente sotto pressione, temendo di non essere "all'altezza" o di deludere il gruppo se non fanno abbastanza. Questo tipo di ambiente può soffocare l'innovazione e la capacità di pensare fuori dagli schemi. Inoltre, l'idea di essere sempre disponibili e pronti a risolvere problemi può impedire di prendere pause rigenerative, che sono fondamentali per migliorare la concentrazione e stimolare idee nuove.
Mancanza di confini
Quando si paragonano i colleghi a una famiglia, i confini tra vita privata e professionale tendono a dissolversi. I dipendenti possono sentirsi obbligati a partecipare a eventi extra-lavorativi, rispondere a e-mail o chiamate fuori dall'orario di lavoro, o dedicare tempo e attenzione a questioni che esulano dalle loro competenze. Questo porta a un sovraccarico di lavoro e alla sensazione di essere "sempre sul posto di lavoro", con conseguenti effetti negativi sulla salute mentale. Le ricerche indicano che la mancanza di confini chiari tra lavoro e vita privata è correlata a un aumento dello stress, dell'ansia e della depressione.
Turnover e instabilità organizzativa
Quando i dipendenti non riescono più a conciliare le aspettative di essere "parte della famiglia" con le proprie esigenze personali e professionali, la probabilità che lascino l'azienda e tornino disponibili sul mercato del lavoro aumenta drasticamente. L'elevato turnover è una delle principali conseguenze negative di una cultura aziendale tossica o eccessivamente esigente, e comporta costi enormi per l'organizzazione: dai costi di sostituzione dei dipendenti, alla perdita di risorse umane, fino alla disgregazione del team. Secondo un rapporto di Gallup, le aziende che non riescono a trattenere i propri dipendenti subiscono una perdita del 33% del loro stipendio annuale in costi associati al turnover. A lungo questo può avere effetti a livello di employer brand e per l'azienda diventerà sempre più difficile trovare un profilo ideale dalle successive offerte di lavoro, complicando di molto il processo di ricerca di personale e talent acquisition. La qualità delle assunzioni potrebbe diminuire perché potenziali candidati potrebbero venire scoraggiati dalle opinioni negative degli ex dipendenti.
Minor fiducia e benessere
In un ambiente lavorativo che promuove l’idea di essere una famiglia, i dipendenti potrebbero inizialmente sentirsi rassicurati e fiduciosi. Tuttavia, nel momento in cui si verificano situazioni critiche, come conflitti interpersonali, ristrutturazioni aziendali o riduzioni di personale, questa fiducia viene rapidamente erosa. Le aspettative non realistiche generano un sentimento di delusione e disillusione che può avere effetti duraturi sul benessere psicosociale dei dipendenti. Le persone cominciano a percepire l'azienda come ingannevole, il che porta a un distacco emotivo, all'isolamento e alla riduzione dell'engagement, vanificando l'intero processo di creazione di una nuova cultura.
Non solo processo di selezione del personale: promuovere la cultura.
Le società di selezione di personale hanno come focus primario il colloquio di selezione e il processo di recruiting. Tuttavia c'è un compito dei servizi HR che può avere effetti collaterali non tanto sul processo di selezione del personale quanto sul trattenere talenti e alti profili professionali: quello di lavorare sulla cultura aziendale. Anche come agenzia per il lavoro è importante consigliare ai datori di lavoro alternative per creare un ambiente di inclusivo e positivo senza cadere nell'errore di promuovere culture che, anche se inizialmente promettenti, rischiano di diventare tossiche.
Un'azienda può essere accogliente, solidale e aperta senza implicare che i dipendenti debbano sviluppare vincoli emotivi profondi.
Cultura di squadra: Promuovere l’idea di un gruppo di professionisti che collaborano per raggiungere obiettivi comuni può essere altrettanto gratificante. Si valorizzano la cooperazione e il rispetto reciproco, ma si mantengono chiari i confini tra vita personale e professionale.
Trasparenza e rispetto: Creare un ambiente dove le aspettative siano chiare fin dall’inizio è fondamentale. I manager dovrebbero essere trasparenti sugli obiettivi e sui ruoli, evitando di richiedere sacrifici personali non previsti.
Equilibrio tra lavoro e vita privata: Le aziende che incoraggiano i propri dipendenti a mantenere un equilibrio sano tra vita professionale e privata tendono a beneficiare di dipendenti più soddisfatti e produttivi. Tra gli altri vantaggi offre ai lavoratori la possibilità di essere apprezzati senza fare più del dovuto.
Conclusioni: fasi da seguire
L'idea che la propria azienda sia una famiglia non è sempre un valore aggiunto e può essere pericolosa se gestita male, in quanto crea un ambiente lavorativo in cui le persone sentono di dover costantemente sacrificare il proprio benessere per soddisfare aspettative non professionali. Piuttosto che perpetuare questa retorica, le organizzazioni dovrebbero concentrarsi sulla creazione di una cultura basata sulla professionalità, sul rispetto reciproco e su confini chiari tra lavoro e vita personale, per ottimizzare il processo di gestione delle risorse umane. Così facendo, possono garantire non solo un ambiente lavorativo sano e produttivo, ma anche una migliore gestione del personale, generando maggiore soddisfazione e benessere per i propri dipendenti. In questo modo sarà anche molto più facile attrarre e trattenere i migliori candidati.
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